Medicalizzazione del comportamento umano: è davvero una buona idea?
Se ne è parlato ieri a Brescia, fino a poco fa, capitale della cultura, nel corso di un convegno organizzato dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani ODV dal titolo “Trattamenti coercitivi e lesivi della dignità umana”.
I relatori - un medico attivista dei diritti umani, uno psichiatra e un avvocato – hanno fornito una panoramica a tutto tondo, partendo da un’introduzione storica sul concetto di malattia e sull’esperienza del primo manicomio (la Salpetriere di Parigi), attraverso un’analisi critica della riforma basagliana, per giungere alla questione cruciale: il diritto, sancito dalla nostra Costituzione e dalla Dichiarazione ONU sui Diritti Umani.
Giuseppe Galdi, dirigente medico psichiatra della ASL Roma 3, ha provocatoriamente gettato un sasso nello stagno, affermando che la 180 ha finito con l’accrescere il potere psichiatrico nei confronti di chi viene sottoposto a ricovero coatto. Lo stesso Franco Basaglia, in un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa, ebbe infatti modo di dire:
“Non si deve credere di aver trovato la panacea a tutti i problemi della malattia mentale con il suo inserimento negli ospedali. La nuova legge cerca di omologare psichiatria e medicina, cioè il comportamento umano al corpo. È come omologare cani e banane… Negli ospedali ci sarà sempre il pericolo dei reparti speciali, del perpetuarsi di una visione segregante ed emarginante.”
Secondo Galdi, la realtà ha superato le peggiori previsioni, e la giustificazione del trattamento coatto su basi mediche ha effettivamente ridotto la possibilità, da parte del ricoverando, di far valere i suoi diritti. Nel suo saggio “La teoria umanitaria della punizione”, C.S. Lewis, autore delle Cronache di Narnia, spiega perché:
"Fra tutte le tirannie, una tirannia esercitata in maniera sincera per il bene della vittima sarebbe la più oppressiva. Potrebbe essere meglio essere governati da ladri, che trovarsi sotto il dominio di ficcanaso moralisti onnipotenti. La crudeltà del tiranno ladrone potrebbe in qualche caso allentarsi, o la sua cupidità saziarsi; ma chi ci tormenta per il nostro bene non smetterà mai, perché lo fa con l'approvazione della sua coscienza."
Il malato diventa così una ‘non persona’ – non più titolare di diritti umani, ma mero oggetto, paziente, “caso”. Per il ‘suo bene’ tutto diventa lecito, compreso la ‘tortura posizionale’ (restrizione prolungata dei movimenti) e la ‘tortura farmacologica’ (uso di dosi tossiche di sedativi, neurolettici ecc.) – due forme di tortura definite dal Manuale per un’efficace indagine e documentazione di tortura o altro trattamento o pena crudele, disumano o degradante' (Protocollo di Istanbul).
I relatori hanno indicato, come unica via di uscita, l’abbandono del modello biomedico e di qualsiasi pratica coercitiva in favore di una psichiatria basata sui diritti umani, in accordo con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Salute e dell’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani.