Ragazzo allontanato dal tribunale torna a casa
Era stato allontanato perché “aveva dei bisogni ai quali i genitori non riuscivano a rispondere.” CCDU: “Questo è il fallimento totale del sistema di tutela minorile di matrice psichiatrica.”
Rovigo. Un ragazzo quindicenne di un paesino della provincia di Rovigo si è allontanato ieri dalla casa famiglia in provincia di Vicenza in cui era stato collocato, a ben 120 chilometri di distanza dalla famiglia di origine.
“Mio figlio si è messo in pericolo pur di tornare a casa, facendosi molti chilometri da solo sui mezzi pubblici.”
Denuncia la madre del ragazzo, che continua:
“Sebbene personalmente non condividessi il decreto di allontanamento che a mio avviso è invasivo e irreale, ho cercato di parlare con lui e di convincerlo a tornare, ma lui è stato irremovibile.”
I genitori, difesi dall'avvocato Francesco Miraglia, noto in Italia per le sue battaglie a favore delle famiglie e della tutela dei diritti dei minori, hanno chiamato quindi il responsabile della casa famiglia dov’era collocato e i Servizi Sociali. La mamma riferisce che, dopo alcuni episodi spiacevoli in cui affermava di dover chiamare i Carabinieri, l’assistente sociale avrebbe richiesto un incontro volto a capire la nuova situazione e a definire un progetto di aiuto per il ragazzo. È probabile quindi che il ragazzo verrà finalmente ascoltato.
Le cause che hanno portato, da parte del Tribunale, a una decisione tanto drastica come la disgregazione di una famiglia, traggono sostanzialmente origine da un contrasto famigliare di lunga data che trova il suo apice nel 2016 e 2017. La madre non sopportava il comportamento indifferente del padre che non aiutava in casa e preferiva andare al bar a giocare a carte lasciando tutto sulle sue spalle. Ne nascevano delle liti e in un caso la mamma aveva persino chiamato i Carabinieri (anche se non c’era stata alcuna violenza).
Intervengono i Servizi Sociali ma la famiglia, dopo alcuni approcci iniziali, non gradisce il loro intervento e interrompe i rapporti e si rifiuta di incontrare il servizio. Si decide pertanto per un collocamento etero-familiare sebbene non ci sia alcun maltrattamento né abbandono di minore. Infatti, leggendo il decreto, non c’è alcun accenno a maltrattamenti o abbandono. Riportiamo qui un estratto del decreto in cui si scrive che i Servizi Sociali “comunicavano che i genitori, che dichiaravano le loro difficoltà nell’occuparsi del minore […] interrompevano il rapporto di collaborazione con i servizi, ma non riuscivano comunque a gestire il figlio … a causa delle loro fragilità, in particolare della madre.” Di fatto, il figlio è stato tolto alla famiglia perché, come scritto nel decreto stesso, “aveva dei bisogni ai quali i genitori non riuscivano a rispondere”.
“La decisione dei servizi di allontanare il ragazzo è un’ammissione della loro incapacità di aiutare il ragazzo senza disgregare la famiglia. Questa vicenda mette in luce tutte le criticità di un sistema di tutela minorile di matrice psichiatrica che non funziona.”
Sostiene Fabiola Pasin, referente pordenonese del CCDU Onlus.
“Nella relazione dei servizi si legge che il ragazzo aveva manifestato più volte la sua contrarietà all’allontanamento e in momenti di fragilità in cui si era sentito «annichilito ha avuto reazioni forti ed enfatizzate, con pianti ricorrenti, chiedendo di vedere i genitori».
Eppure il Servizio ha continuato a sostenere, anche nell’ultima relazione, la correttezza dell’allontanamento, sebbene tale decisione fosse stata presa solo perché «aveva dei bisogni ai quali i genitori non riuscivano a rispondere» in totale assenza di motivazioni di una gravità tale da portare ad un provvedimento come la disgregazione di una famiglia, che dovrebbe essere l’extrema ratio.”
Oggi l’avvocato Miraglia ha mandato una comunicazione ai Servizi Sociali chiedendo che il ragazzo e la famiglia vengano finalmente ascoltati e si predisponga un progetto efficace per aiutare questo ragazzo nella sua famiglia.