Genocidio psichiatrico: tentativi nazisti di sradicare la schizofrenia
Traduciamo e pubblichiamo un riassunto di un lungo articolo di E. Fuller Torrey e Robert H. Yolken, apparso sulla rivista online Schizophrenia Bulletin nel 2010, sul genocidio dei cosiddetti schizofrenici a opera dei nazisti. L’articolo completo è disponibile qui: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2800142/
L’articolo è interamente basato su pubblicazioni storiche e scientifiche. Per l’elenco dei riferimenti bibliografici, che in ogni caso rimandano a pubblicazioni in lingua inglese, chiediamo ai lettori interessati di consultare l’articolo originale.
Genocidio psichiatrico: tentativi nazisti di sradicare la schizofrenia
Il genocidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale è ben conosciuto e documentato, mentre meno noto è quello dei pazienti psichiatrici. Abbiamo tentato di stimare il numero di persone etichettate schizofreniche che sono state sterilizzate o uccise dai nazi, e valutare gli effetti di questo sterminio a giudicare dalla prevalenza di questo disturbo nel periodo successivo. Abbiamo stimato che il numero di individui con schizofrenia sterilizzati o uccisi sia compreso tra 220.000 e 270.000 – cioè tra il 73% e il 100% delle persone etichettate schizofreniche in Germania tra il 1939 e il 1945.
Prima dell’avvento del nazismo, gli psichiatri tedeschi Ernst Rüdin e Franz Kallman teorizzarono l’origine genetica delle cosiddette malattie mentali. Rüdin dirigeva il Dipartimento di Genealogia e Demografia dell’Istituto Tedesco per la Ricerca Psichiatrica a Monaco, mentre Kallman era stato un suo studente, e aveva studiato la trasmissibilità genetica della schizofrenia confrontando una serie di gemelli. In un suo discorso del 1935 Kallman propose di eseguire test su tutti i parenti di individui con schizofrenia al fine di identificare i portatori asintomatici, cosa possibile secondo lui attraverso l’osservazione di “piccole anomalie”, seguita dalla sterilizzazione obbligatoria. Un anno dopo Kallman emigrò negli Stati Uniti ove continuò la sua ricerca sui gemelli, e successivamente fondò la Società Americana di Genetica Umana.
Le teorie di Rüdin e Kallman s’inserivano in un contesto che vedeva crescente interesse in Germania per la cosiddetta igiene razziale (Rassenhygiene), ma in fenomeno in realtà era esteso anche al di fuori dei confini tedeschi. Lo stato dell’Indiana fu il primo ad approvare, nel 1907, una legge di sterilizzazione forzosa che includeva anche i cosiddetti lunatici, e altri 20 stati fecero lo stesso fino al 1928, tra cui la California era forse il più attivo. Tra Nel 2916 l’aristocratico newyorkese Madison Grant pubblicò un saggio sulla “Scomparsa di una Grande Razza” – una denuncia sui rischi dei matrimoni interraziali, definito dalla rivista Science “un lavoro molto meritevole”, e successivamente citato da Adolf Hitler nel suo Mein Kampf. Il congresso internazionale di eugenetica si svolse negli USA nel 1932, e fu presieduto da Ernst Rüdin.
Rüdin ebbe un ruolo di primaria importanza nell’approvazione della prima legge tedesca di sterilizzazione obbligatoria, chiamata “Legge per la prevenzione della progenie con difetti ereditari”. I suoi primi obiettivi erano le persone affette da ritardo mentale, schizofrenia, disturbo maniaco-depressivo, epilessia, malattia di Huntington, cecità e sordità ereditaria, alcolismo ereditario e “gravi malformazioni del corpo”. Hitler era salito al potere appena 6 mesi prima. La maggior parte delle persone cui la legge era indirizzata si trovavano nei manicomi, ma in quel periodo furono istituzionalizzate così tante persone da sovraffollare i manicomi. La ‘soluzione’ consistette nel dimettere i pazienti schizofrenici, previa sterilizzazione. In quel periodo si assisteva a una crescita ripidissima di diagnosi di schizofrenia – non solo in Germania, ma anche in Inghilterra e USA. In Germania questo coincise con un periodo di crisi economica e disordine sociale che spinse l’Associazione Psichiatrica Tedesca a indire un concorso a premi sul soggetto “Come riorganizzare in maniera più economica la salute mentale?”. L’idea di ammazzare gli pazienti degli ospedali psichiatrici era già emersa nel 1920 in una pubblicazione di Karl Binding, un avvocato, e Alfred Hoche, uno psichiatra. S’intitolava “Permesso per la soppressione della vita non degna di essere vissuta” e pretendeva di rispondere a questa domanda:
“Esiste una vita umana che abbia perso le caratteristiche tipiche di chi gode di protezione da parte della legge in misura tale che il suo prolungarsi rappresenti una perdita perpetua di valore, sia per chi la vive sia per la società in quanto tale?”
La risposta degli autori era decisamente affermativa, per quelle persone “mentalmente morte” o dotate di un livello intellettivo riscontrabile solo molto più in basso nel regno animale. L’argomento economico fu poi ripreso nel dibattito: nel 1932, in un articolo intitolato “Estirpare la vita meno degna di valore dalla società”, lo psichiatra Berthold Kihn stimava che i malati mentali costavano alla Germania 150 milioni di marchi all’anno.
Hitler mostrò subito interesse per questo programma:
“È giusto che le vite prive di valore di queste creature debbano essere terminate; ciò permetterà di diminuire le spese mediche.”
L’idea di ammazzare i pazienti psichiatrici continuò a suscitare interesse nel corso degli anni ’30 finché, nel 1939, mentre pianificava l’invasione della Polonia, Hitler chiese al suo medico personale e ad altri funzionari di proporre una legge per consentire l’uccisione di pazienti mentali. Sin dall’inizio, il termine usato fu “eutanasia” ma, come notato da Fredric Wertham, non si trattava di dare la morte per pietà, ma commettere omicidi senza pietà. Ne risultò una legge per la “distruzione della vita non degna di essere vissuta” con cui si prevedeva di porre termine in maniera prematura, indolore e segreta alla vita di persone che, a causa di malattie mentali incurabili, necessitano di instituzionalizzazione permanente e non sono in grado di condurre un’esistenza indipendente.
L’implementazione di questo programma, denominato Aktion T4 (dall’indirizzo al numero 4 della via Tiergartenstrasse in cui aveva sede la direzione) portò allo sterminio di 70.000 pazienti nelle camere a gas. I cadaveri vennero poi cremati, e le loro capsule dentali d’oro furono recuperate per pagare le spese del programma. Il programma fu ufficialmente interrotto nel 1941, in parte per la resistenza di alcune chiese ma soprattutto perché le camere a gas e i forni crematori erano ritenuti più utili per la tristemente nota ‘soluzione finale, ma l’uccisione di pazienti mentali continuò per tutta la durata della guerra, e non solo con camere a gas: nei manicomi si usarono anche iniezioni letali e la morte per fame (esistevano due diete per le persone rinchiuse: minimo indispensabile di calorie per chi poteva lavorare, e alimentazione insufficiente per chi doveva morire di fame). Il programma continuò fino al collasso del nazismo: soldati dell’Armata Rossa trovarono un forno crematorio ancora in costruzione in un manicomio liberato da loro.
La miglior stima del fenomeno, basata sui documenti storici disponibili (registri ecc.) porta a valutare attorno ai 400.000 il numero di cosiddetti malati mentali sterilizzati, e tra 200.000 e 275.000 il numero di quelli ammazzati, grazie alle argomentazioni ‘scientifiche’ prodotte da quegli stessi psichiatri cui fu poi affidata l’esecuzione del piano.