Gli psichiatri devono fronteggiare la possibilità che gli psicofarmaci facciano più male che bene
Salute mentale in calo mentre continua il boom di prescrizioni di antidepressivi e altri psicofarmaci.
Studi recenti corroborano la tesi pubblicata sul libro Anatomy of an Epidemic del giornalista Robert Whitaker: la quantità di farmaci psicoattivi - in costante crescita da decenni - ha prodotto effetti dannosi.
Due nuovi post su questo sito web mi hanno fatto di nuovo prendere in considerazione la terribile possibilità che la psichiatria faccia più male che bene.
Il reporter Sarah G. Miller riferisce che 1 americano su 6 assume psicofarmaci, mentre le prescrizioni per tali medicinali sono in costante aumento. Nel 2013 circa il 17% degli americani assumeva almeno un tipo di questi farmaci, in aumento del 10% in soli due anni. Nelle sue parole:
“Gli antidepressivi sono il tipo di farmaco più comune: il 12% degli adulti riferisce di averne assunti. In aggiunta, l’8,3% degli adulti riferisce di altri psicofarmaci tra i quali sedativi, ipnotici, ansiolitici, e l’1,6% ha assunto antipsicotici.”
Questo aumento di medicine dovrebbe causare un miglioramento della nostra salute mentale, giusto? No. Nel suo articolo “La salute mentale negli USA è in declino?” , il professor Edmund S. Higgins riconosce la scomoda verità: la salute mentale degli americani, secondo alcune stime, sta peggiorando.
Uno studio compiuto nel 2013, spiega il prof. Higgins, rivelò:
“Un aumento di malattie mentali nelle ultime due decadi, nonostante alcune di queste siano diventate curabili”.
Secondo Higgins:
“Il tasso di suicidi per 100.000 persone è aumentato fino a 30/anno, l’abuso di sostanze - soprattutto oppiacei - è diventato epidemico, il riconoscimento d’invalidità per malattia mentale è cresciuto in maniera drammatica dal 1980, mentre l’Istituto dei Veterani di Guerra non riesce a gestire l’impennata di DSPT (Disturbo da Stress Post-Traumatico).
La mancanza di precisione e obiettività nelle diagnosi di malattia mentale ha bloccato i nostri progressi” - continua Higgins - per cui è necessario “trovare nuove strategie di ricerca e prevenzione” ma “questo non significa che operatori e pazienti debbano interrompere le cure, perché tutti noi abbiamo qualche successo da raccontare”.
Come molti psichiatri, Higgins non annovera le medicine psichiatriche tra le possibili cause del declino di salute mentale o, per dirla chiaramente, non ritiene che gli psicofarmaci, anche se innegabilmente aiutano qualcuno nel breve periodo, possano nel lungo termine causare danni a una vasta parte della popolazione.
Dopo aver letto il libro di Whitaker, e avere ascoltato una sua conferenza allo Stevens Institute of Technology, ho descritto su questo blog come la psichiatria americana, in combutta con l’industria farmaceutica, stia causando il più colossale caso di iatrogenesi (cure dannose) nella storia. Da allora non ho visto alcuna credibile risposta alle critiche di Whitaker e, anzi, continuo a trovare dati che le confermano, compreso questo articolo di Higgins.
Gli operatori della salute mentale, negli USA e altrove, dovrebbero iniziare a fare i conti con la possibilità che il rapporto danni/benefici delle loro medicine sia fortemente sbilanciato dalla parte sbagliata.
Di Scientific American blog
Articolo originale: https://blogs.scientificamerican.com/cross-check/psychiatrists-must-face-possibility-that-medications-hurt-more-than-they-help/
Per maggiori informazioi sugli effetti a breve e lungo termine degli psicofarmaci più diffusi vedere: www.ccdu.org/psicofarmaci