Crema. Strappata alla famiglia: scappa dalla comunità
Infatti la società civile non è stata a guardare. Oltre ai nonni, che hanno confermato la loro disponibilità, anche una signora della parrocchia e persino un religioso, si sono detti disponibili ad assistere la famiglia, mentre alcune amiche della mamma hanno creato un gruppo su Facebook che in poche ore ha raggiunto i duemila iscritti https://www.facebook.com/groups/amici.ragazza.di.crema/ .
La vicenda nasce circa due anni fa quando la mamma denuncia l'ex marito per maltrattamenti in famiglia e il Tribunale vieta al padre la coabitazione con i figli. Il padre decide quindi di trasferirsi nel meridione, abbandonando, di fatto, la madre e i suoi due figli. La mamma si rimbocca le mani e continua a crescere i figli da sola e senza alcun reale aiuto dei servizi sociali.
Purtroppo nel gennaio del 2016, cade per un breve periodo nell'uso di sostanze stupefacenti, ma capisce ben presto il suo errore e si rivolge al SERT che la sta seguendo con ottimi risultati. Anche con la figlia ci sono dei problemi a causa della relazione con un uomo più grande di lei che provoca una forte conflittualità tra la madre e la giovane adolescente.
E nel giugno del 2016 il Tribunale, sentita in camera di consiglio la relazione del giudice onorario, e lette le relazioni degli operatori della Comunità Sociale Cremasca, ha emesso il drastico e drammatico provvedimento di allontanamento dei minori.
Mentre la ragazza è stata allontanata, sul più piccolo, in carico al Servizio di Neuropsichiatria infantile, pende la minaccia imminente dell'allontanamento che fortunatamente è stato posticipato.
Secondo l'avvocato della famiglia, dott. Luca Avaldi, del foro di Crema:
"Questa famiglia poteva essere aiutata e sostenuta senza ricorrere all'allontanamento.
L'affidamento della minore ad una comunità è la soluzione che meno si confà alle esigenze di Monica.
Il distacco di Monica da tutti i suoi affetti le ha causato un grosso trauma e la possibile perdita di ogni punto di riferimento potrebbe portare a conseguenze che nessuno può prevedere.
L'affidamento della minore ai nonni materni è la soluzione che potrebbe permettere a Monica di ritrovare il proprio equilibrio evitandole le conseguenze di un nuovo distacco dopo quello dal padre.
Si ritiene che il Tribunale adito, avendo oggi tutte le informazioni necessarie, possa rivedere la propria posizione."
"In questa vicenda la giustizia minorile di Brescia ha mostrato i limiti che abbiamo già avuto modo di denunciare in una situazione simile a Lumezzane."
Dichiara Sonia Manenti del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani.
"Anche qui pare che, in definitiva, la decisione sia stata presa dal giudice onorario, che non è un giudice togato (in questo caso è persino il coordinatore di una comunità alloggio per minori, il che solleva anche un problema di possibile conflitto d'interessi).
Certamente la famiglia aveva bisogno di aiuto, ma non certo di essere smembrata. Quando alcuni psichiatri, psicologi e assistenti sociali, tramite valutazioni – per loro stessa natura soggettive e opinabili – hanno la possibilità di indurre il Tribunale dei minori a prendere provvedimenti drastici e drammatici, gli abusi sono pressoché inevitabili.
È necessaria una riforma radicale della giustizia minorile, che rimetta i giudici al centro del sistema e riconosca l'inconciliabilità di psicologia e psichiatria con la giurisprudenza.
L'allontanamento dovrebbe essere previsto solo in casi particolarmente gravi (violenza famigliare, abusi sessuali, abbandono e simili), MAI per motivazioni psicologiche soggettive come inidoneità genitoriale, conflittualità, problemi economici o abitativi.
Ci auguriamo che, come nel caso di Lumezzane, il Tribunale decida di investigare direttamente e di garantire la giustizia e il sostegno che spetta a questa famiglia."