Ragazza e bimbo non ascoltati scappano dalla comunità
La bambina non vuole andare a scuola per paura di essere prelevata con la forza. CCDU: basta con le valutazioni di presunti esperti, ascoltiamo i minori.
Vicenza. Ieri sera una ragazza di Vicenza ha bussato alla porta di casa della sua famiglia: "Sono scappata dalla comunità. Voglio stare a casa con chi mi ama." La ragazza si è presentata alla porta assieme ad un bambino di soli 7 anni di una famiglia del Veneto che era fuggito con lei rifiutandosi di tornare in comunità.
I genitori hanno avvertito immediatamente gli operatori della comunità che si sono precipitati a casa della famiglia. Il bimbo di 7 anni ha spiegato di essere scappato perché gli avevano promesso di tornare dalla mamma a gennaio, ma la promessa non era stata mantenuta. Ha raccontato anche di essere stato strappato dalla sua famiglia per la conflittualità tra la mamma e il papà in sede di separazione. Alla fine ha accettato di tornare in comunità mentre la figlia Chiara (nome di fantasia) si è rifiutata di tornare in struttura.
In mattinata il padre ha chiamato i servizi sociali per chiedere aiuto: Chiara si rifiutava di andare a scuola per paura di essere portata via con la forza. L’assistente sociale e la psicologa si sono quindi recate a casa della famiglia per parlare con Chiara, ma la ragazza ha rifiutato categoricamente di tornare in struttura, riaffermando la sua paura di tornare a scuola dove teme di essere presa e portata via con la forza. Comprensibilmente i Servizi hanno concesso a Chiara di restare a casa in vista di un’analisi più approfondita della situazione.
Quella di Chiara era una fuga annunciata. Aveva già manifestato ripetutamente il desiderio di tornare a casa, e solo pochi giorni fa era scappata, assieme a un’altra ragazza più grande, solo per essere riacciuffate poco dopo nel centro di Vicenza e riportate in comunità.
Nel mese di giugno del 2016, la vicenda di Chiara e dei suoi due fratelli (collocati nella sua stessa comunità) era stata riportata dalla stampa. I tre bambini erano stati prelevati a scuola e allontanati dalla famiglia. Come riportato dalla stampa, secondo la psicologa e i Servizi Sociali, i ragazzi erano in condizioni di disagio per "malnutrizione, maltrattamenti, difficoltà relazionali". Per la famiglia invece si trattava di esagerazioni e dichiarazioni non corrispondenti alla realtà familiare: "I servizi sociali si stanno accanendo contro di noi, ci hanno preso di punta, hanno creato un caso dal niente".
Nel decreto di allontanamento, il tribunale aveva disposto anche la valutazione delle capacità genitoriali e il mantenimento dei rapporti tra genitori e figli a discrezione dei Servizi Sociali. Fin da subito i Servizi hanno disposto un regime di visite protette peggiore del "carcere duro" cui sono soggetti i criminali più efferati: una sola visita di un’ora alla settimana, senza nessuna intimità tra genitori e figli, e sotto il controllo costante di un operatore. In seguito questo regime è stato addirittura inasprito, passando a una visita di un’ora ogni 15 giorni. Bizzarra la motivazione: secondo i Servizi, i bambini soffrivano troppo a causa del distacco dai genitori. È probabile che questo regime, eccessivamente crudele nei confronti dei bambini, abbia spinto la ragazza a fuggire.
"Questa vicenda è l’ennesima dimostrazione della superficialità di certi servizi di tutela minorile."
Denuncia l’avvocato Francesco Miraglia.
"I genitori stanno seguendo le prescrizioni del tribunale e hanno accettato e ripetutamente richiesto il percorso di valutazione delle capacità genitoriali. Eppure questo percorso è iniziato solo dopo 8 mesi con un primo incontro presso il CSM in data 21 dicembre 2016.
Dopo questo incontro, i genitori non hanno ancora ricevuto nessun calendario per il prosieguo del percorso.
Nel frattempo sono passati nove mesi e i figli stanno soffrendo enormemente e hanno manifestato a più riprese la volontà di tornare a casa.
Possibile che si debba arrivare al punto in cui una ragazzina, per poter tornare dai suoi cari, debba mettere in pericolo la sua vita, vagando da sola in città?
Ci rivolgeremo al Tribunale e chiederemo che i bambini vengano ascoltati al più presto e che si trovi una soluzione che tuteli sia i bambini che il loro diritto all’affetto dei genitori."
Paolo Roat Responsabile Nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani ha aggiunto:
"Ci preoccupa molto la posizione della psicologa incaricata di gestire il percorso alla genitorialità.
Nel corso di un incontro avrebbe affermato “sono molto coinvolta in questa situazione e potrei anche non essere completamente neutrale”.
Incomprensibile e contraddittoria, invece, la decisione di inasprire il regime di visite protette: i bambini soffrono per la lontananza dai genitori, e dunque li allontaniamo ancora di più.
Ci domandiamo a quale manuale di psichiatria si siano ispirati gli operatori per emettere una sentenza così priva di umanità e buon senso.
Alla fine di novembre avevamo incontrato l’Assessore alle Politiche Sociali cui avevamo consegnato due petizioni con più di 500 firme, chiedendo una riforma della tutela minorile e un aiuto concreto a questa famiglia.
L’Assessore si era dimostrata molto disponibile, e aveva promesso di aiutare la famiglia. Poco dopo i Servizi hanno effettivamente incontrato i genitori, ma a questo incontro non è seguita nessuna reale accelerazione.
L’Assessore, anche a seguito di una serie d’interrogazioni presentate dal consigliere comunale Liliana Zaltron, aveva anche deciso di portare in Commissione il tema della tutela dei minori. Auspichiamo un intervento deciso e tempestivo a tutela di Chiara e dei suoi fratelli, e un rapido inizio dei lavori in Commissione."
Nel pomeriggio il papà si è recato presso gli uffici dei Servizi Sociali, ricevendo dei segnali di apertura. È stata infatti ipotizzata la possibilità di un progetto condiviso in cui Chiara si recherebbe tutti giorni in comunità e di sera ritornerebbe a casa dai genitori. Inoltre i Servizi hanno promesso di non andare a prendere Chiara a scuola. I genitori, da parte loro, si sono impegnati a collaborare attivamente con i Servizi per il bene dei bambini. Ora il giudice verrà informato a dovere, e probabilmente i bambini saranno ascoltati. Speriamo che si riesca a trovare una soluzione ottimale sia per Chiara sia per i suoi due fratellini