Ti porteremo via dal tuo papà!
I bambini potrebbero essere allontanati dal padre in base alla relazione di un’assistente sociale che ammette di non aver mai visto il papà o i bambini.
Torino. “Stiamo facendo tutto il possibile per portare te e tuo fratello via da tuo papà che vi picchia, perché la mamma ci ha detto che voi non vi sentite bene.” Alcuni giorni fa, con queste parole, un’operatrice minorile ha gettato nello sconforto un povero bambino che, disperato, l’ha comunicato immediatamente al padre. Ora il bambino è terrorizzato di perdere il rapporto con il padre cui è molto attaccato.
Cinque anni fa, la separazione con affidamento condiviso, collocamento preferenziale dalla mamma e un regime di visite quasi paritario tra il padre e la madre. Le relazioni parlano di genitori adeguati e figli molto attaccati ai genitori e il Tribunale che non ravvisa segnali di preoccupazione.
Per cinque anni le cose vanno procedono benino. Gli unici problemi, secondo i servizi sociali, paiono essere tra il padre e i servizi sociali: mentre la madre accetta i percorsi proposti dai servizi, al padre verrebbe addebitata una certa tendenza a rifiutare le ingerenze dei servizi, negando la presenza di un malessere psicologico segnalato dal servizio di neuropsichiatria infantile e interrompendo un percorso di psicomotricità. La dichiarazione sembrerebbe contraddetta dal certificato del Centro di psicomotricità, che attesta la presenza regolare del bambino alle visite con lo psicometrista.
Un anno fa subentra una nuova assistente sociale che, come un fulmine a ciel sereno, il 31 ottobre 2017, invia una segnalazione preoccupata al Tribunale. Pur ammettendo di non aver mai seguito la situazione in passato e di non avere ancora conosciuto il padre o i minori, e basandosi esclusivamente sulla nota di un’operatrice (che riferisce di due volte in cui ha notato dei segnali di disagio in uno dei due bambini) e sulle dichiarazioni preoccupate della madre, descrive una situazione grave e allarmante. Poco dopo, il Pubblico Ministero invia un ricorso al Tribunale in cui chiede la sospensione delle visite con il papà.
Alcuni giorni fa, il bambino scoppia in lacrime davanti al padre: l’operatrice gli avrebbe detto la frase di cui sopra; intimidazione riferita subito all’avvocato Francesco Miraglia che scrive immediatamente una lettera di chiarimento ai servizi - lettera ancora senza risposta.
«Devo segnalare ancora una volta la connivenza della relazione tra il Tribunale per i Minorenni e i Servizi Sociali.»
Dichiara l’avvocato del padre Francesco Miraglia. Che continua:
«Invece di verificare direttamente, il Tribunale prende per oro colato le relazioni dei servizi sociali. In questo caso, il Servizio Sociale non ha ancora risposto alla mia richiesta di chiarimenti. C’è il rischio concreto che vengano prese delle decisioni drammatiche e autoritative che finirebbero per creare un grosso danno ai bambini coinvolti.»
Paolo Roat, Responsabile Nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus, ha affermato che:
«In un recente convegno, la Prof.ssa Vincenza Palmieri, Presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare, ha spiegato come, in certi casi, gli allontanamenti errati o superficiali dei bambini dalle famiglie siano il risultato di diagnosi di stampo psichiatrico senza fondamento scientifico.
La “diagnosi psichiatrica” non viene fatta da psichiatri, ma da educatori, assistenti sociali, insegnanti o altri professionisti che recepiscono teorie e informazioni della disciplina e della cultura psichiatrica.
Queste valutazioni e osservazioni vengono prese per buone e accettate, spesso acriticamente, e questo caso è un tipico esempio: partendo da osservazioni parziali e frammentarie, l’educatrice e l’assistente sociale hanno diagnosticato un disagio dei bambini, tanto grave da richiedere un intervento drastico come la privazione della figura paterna.»