Elettroshock: il racconto di chi l’ha subito
di Colin Taufer, educatore di professione, scrittore e avvocato permanente per i diritti umani
Nel mio ultimo articolo ho paragonato i danni cerebrali causati dalla TEC (terapia elettroconvulsivante - il nuovo nome dell'elettroshock, dal suono più dolce) e la brutale collisione "casco contro casco" del football americano: pazienti e giocatori si ritrovavano con gli stessi sintomi a breve e a lungo termine, come la perdita di memoria, confusione e demenza progressiva. Sfortunatamente, nel caso dei pazienti che avevano ricevuto elettroshock, questi sintomi negativi sono visti come "cure" di ciò che li affligge. Stordiscono la capacità di ragionamento del paziente e la sua forza vitale emotiva con abbastanza scariche elettriche, finché il motivo della loro tristezza o frustrazione non possa più essere sentito, contemplato o ponderato. L'effetto collaterale di questa "cura" è che la vita stessa non è più sentita, contemplata o ponderata. Ho ricevuto tante risposte interessanti su quest'articolo. Uno di loro mi ha esposto una prospettiva unica sulla shock terapia.
Il suo nome è Julie Greene, superstite della TEC e blogger appassionata in materia di diritti umani.
La sua missione, nelle sue stesse parole, è di denunciare allegramente la psichiatria. Julie è stata così gentile da rispondere, in maniera franca, articolata e rivelatrice, ad alcune mie domande sulla sua esperienza personale.
Ciao Colin, prima di tutto, grazie per avermi inviato queste domande. Sono sempre stupita dalle domande che i giornalisti mi fanno perché sembrano riflettere molta curiosità, cosa che trovo deliziosa. I giornalisti fanno domande argute, che indicano il desiderio di comprendere. Gli psichiatri non mi hanno mai fatto domande molto intelligenti e interessanti. Al contrario, le loro domande sembravano articolate in modo da condurmi in qualche vicolo cieco, come se avessero un fine nascosto predeterminato. Spesso hanno cercato di ingannarmi per farmi ammettere certe cose. Sembrava un gioco crudele.
Anni dopo aver ricevuto TEC, ora sei contraria a questa pratica. Perché?
Direi che dopo la mia TEC nel 1996 non avevo idea che l'effetto collaterale, in particolare quello a lungo termine, sarebbe stata una persistente confusione che andava e veniva. Dentro di me avrei potuto saperlo, ma io mi sforzavo di negarlo, mentre loro non lo volevano ammettere. Per tanto tempo non sono stata in grado di fare due più due. Aggiungi che la confusione ha offuscato la mia capacità di pensare e, in effetti, ha offuscato la mia memoria nei confronti della stessa TEC.
Ora mi rendo conto che la TEC è stata gravemente invalidante per me. Prima di subirla avevo un impiego, ma l'avevo lasciato a causa delle condizioni di lavoro inique. A quel tempo, altri lavoratori si erano licenziati. Ero scoraggiata e mi sono presa una pausa. Ora so che il motivo della TEC non era la presunta gravità della mia depressione. Ero depressa, è vero, ma la gravità non era la depressione, ma la "sindrome da porta girevole".
Credo che stessero proprio cercando di trattare questa sindrome. L'elettroshock non cura la sindrome da porta girevole, ma alla lunga "uccide" la volontà del paziente. Non volevano avermi più fra i piedi. Quasi tutti i pazienti che hanno subito elettroshock non sono mai stati recuperati, o gli effetti li hanno gravemente danneggiati e la riabilitazione è stata molto più lunga di quanto chiunque voglia ammettere.
Come descriveresti l'esperienza di aver subito la TEC?
Penso che ogni paziente abbia un ricordo differente della cosa. Io ricordo molti dettagli. Se leggi i miei documenti, puoi vedere che ricordo le parole dell'anestesista, i colori del tappeto in sala d'attesa, le parole dell'infermiera dopo, il succo d'arancia, l'essere riportata in reparto. Ricordo anche il lavaggio del gel dai miei capelli.
Come ti sentivi fisicamente dopo una seduta di TEC?
Un terribile mal di testa. Dopo le prime, il mal di testa si manifestava sempre. Ricordo che mi facevano ingoiare due Tylenol con un piccolo cucchiaio di acqua appena prima dell'elettroshock per prevenire il mal di testa. Mi ricordo che ha aiutato. Ricordo anche che avevo una gran sete, dato che non avevo potuto bere dalla mezzanotte precedente. Spesso erano così in ritardo che mi toccava aspettare per ore, con questa sensazione di gran sete.
Senza saperlo, soffrivo di diabete insipido (DI) causato dal carbonato di litio: significa che ho bisogno di bere acqua in continuazione, molto di più rispetto alla media. In seguito mi sono concentrata intensamente sul "premio" dei liquidi, perché da metà mattina la sete era insopportabile. Mi privavano anche del cibo, per via dell'anestesia, ma questo non mi disturbava affatto. Un paio di volte ho anche sentito nausea e una volta ho avuto i conati di vomito per l'anestesia. Una volta mi sono involontariamente bagnata durante la scossa. A quanto pare questo è comune. Non ricordo che dopo dicessi granché. Chiedevo che mi rimettessero gli occhiali, per poter vedere. Era come svegliarsi dopo un intervento chirurgico. Non volevano che mi alzassi o facessi qualsiasi cosa.
Hai dato il consenso a ricevere la TEC?
Bella domanda! Il mio primo elettroshock l'ho subito alla fine del 1995, nel tardo autunno. Ho avuto solo quattro "trattamenti", un giorno dopo l'altro e poi sono stata dimessa. All'inizio, quando me l'hanno proposto, mi sono opposta. Poi mi hanno mostrato il video e ho acconsentito. Dopo il primo "trattamento" mi son sentita sollevata. Guardando indietro, senza dubbio mi sentivo in quel modo dall'anestesia, o forse perché mi avevano sospeso un paio dei miei soliti farmaci. Mi ricordo di essermi sentita immediatamente sollevata, quasi euforica. La causa - credevo - è l'elettroshock. Ho pensato: "Wow, sono incredibili, chiunque dovrebbe riceverne!" Pensavo di avere finito, ma mi hanno detto che per stabilizzarmi ne servivano altri. Dopo un paio di settimane, ovviamente, mi sono sentita di nuovo come prima, perché il miglioramento e l'euforia non erano causati dalla TEC.
La primavera successiva ho chiesto di fare altre TEC. Il dottore non voleva, ma alla fine ha accettato. Volevo risperimentare "lo sballo". Ho pensato che sarebbe successo di nuovo e che questa fosse una grande cura. A questo punto, però, il "consenso" è incerto poiché dopo sono diventata confusa, non ero più in grado di dire coerentemente "Io sono d'accordo per continuare" o "per favore interrompiamo". A volte riuscivo a malapena a mettere insieme una frase. Era facile costringermi a fare qualsiasi cosa. Dicono di non firmare documenti importanti dopo la TEC, così come si può dare il consenso a ulteriori elettroshock dopo o durante questi "trattamenti" invalidanti?
Se tu avessi la possibilità di parlare di fronte all'American Psychiatric Association, quale sarebbe il tuo messaggio?
Mi piacerebbe parlare con loro, se mi volessero. Sto studiando come migliorare la mia presentazione orale e parlare in pubblico. Mi è sempre piaciuto esibirmi in pubblico, o come musicista di successo, o forse anche prima, quando da bambina ho recitato in commedie. Mi piace leggere i miei scritti ad alta voce per il pubblico e ho studiato come cabarettista.
In realtà, quegli psichiatri potrebbero imparare qualche lezione da giornalisti come te, Colin Taufer. Come ho detto all'inizio, le loro domande riflettono raramente intelligenza o comprensione. Tutti gli esseri umani adulti all'inizio hanno dei preconcetti. E' inevitabile. Gli psichiatri, però, sono così pieni di pregiudizi pesanti da impedirgli di valutare correttamente qualcuno. Gli viene consegnato un paziente e sentenziano, "Questo è schizofrenico", o qualsiasi altra cosa, e da allora in poi, lo psichiatra vede psicosi, non importa quello che dice il malcapitato. Il paziente potrebbe agire normalmente, ma lo psichiatra direbbe che il paziente sta "fingendo normalità momentaneamente per evitare il ricovero in ospedale." Non puoi uscirne: è stato progettato per essere una crudele arma a doppio taglio, che intrappola chiunque ritengano scomodo o piantagrane. L'unico modo in cui ho potuto ottenere un miglioramento è stato lo smettere di vederli del tutto, e farcela da sola. Lasciare il sistema è stata la risposta, e poi non ho sofferto come prima. Non solo, non ci vuole una gran scienza per capire come risolvere la maggior parte dei problemi, anche quelli difficili. Avrei voluto sapere tutto questo molto prima.
Colin Taufer
Fonte: L'editoriale di Colin
Articolo originale: http://www.psychsearch.net/colinscolumn2/