Condannato per violenza in famiglia ma i bambini sono affidati a lui
Dopo la condanna si apre una controversia: il perito infatti aveva assegnato i bambini al padre.CCDU: denunciamo da anni l'appiattimento acritico sulle perizie psichiatriche senza un'adeguata istruttoria.
Trento. Ieri mattina il Tribunale di Trento ha emesso una sentenza di condanna verso un padre del Trentino per lesioni personali e violenza in famiglia nei confronti di una donna di Trento.
Il padre è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di carcere e 15.000 euro di risarcimento più le spese legali. Il Giudice, dott. Borrelli Enrico, è stato molto severo e ha aumentato considerevolmente la pena chiesta dal Pubblico Ministero, accogliendo di fatto quanto sostenuto dall'avvocato della mamma, Francesco Miraglia del foro di Roma, che aveva chiesto una pena esemplare. Inoltre la pena, a differenza di quanto spesso succede, non è stata sospesa dal giudice: in altre parole se la sentenza diventerà definitiva l'uomo dovrà scontarla. L'avvocato del padre, dott. Bonifacio Giudiceandrea del foro di Trento, ha annunciato ricorso in appello.
Questa sentenza apre anche dei risvolti civili: circa tre anni fa, in sede di CTU, il consulente non aveva creduto alla donna collocando i figli dal padre. Ora ci troviamo in una condizione in cui questi bambini sono affidati a un uomo condannato per un reato che comporta la perdita della responsabilità genitoriale.
"Denunciamo da anni l'appiattimento acritico di alcuni giudici sulle perizie psichiatriche senza adeguata istruttoria."
Attacca Paolo Roat, Responsabile Nazionale Tutela Minori del CCDU Onlus.
"Per quanto concerne il Tribunale Civile di Trento, recentemente alcuni genitori hanno inviato degli esposti al Consiglio Superiore della Magistratura in merito al tema delle perizie psichiatriche soggettive: esse finiscono con il danneggiare i bambini a seguito della mancanza di un'adeguata istruttoria.
Solo pochi giorni fa, abbiamo aiutato un padre trentino a preparare un altro esposto di questo genere concernente la perizia di uno psichiatra.
Tutti questi esposti sono stati inviati anche al Presidente del Tribunale di Trento.
Ci auguriamo che il Tribunale Civile decida di vederci chiaro su questo caso, ma auspichiamo soprattutto l'instaurazione di protocolli che scoraggino l'esclusivo affidamento sulle perizie psichiatriche/psicologiche - per loro natura soggettive e opinabili - e ribadiscano la necessita per il giudice di riappropriarsi del suo ruolo di perito dei periti."
La vicenda nasce alcuni anni fa nell'ambito di una separazione molto conflittuale. Vengono eseguite ben tre perizie e il Consulente si convince che le violenze riferite dalla madre non sono reali, e ritiene preferibile il collocamento presso il padre. Il Tribunale accetta le valutazioni del perito e colloca i figli dal padre. Purtroppo dopo il collocamento prevalente a casa del padre, i bambini iniziano a manifestare dei disagi. Viene pertanto richiesta un'altra perizia.
Nel corso di quest'ultima perizia il nuovo consulente di parte della madre, si rende conto che il papà è un gaslighter. Questa condizione è già nota anche al pubblico e ben rappresentata nel famoso film Gaslight (in italiano Angoscia) del 1944 con Ingrid Bergman. Il gaslighting consiste nel punteggiare e diagnosticare come paranoica la vittima di maltrattamenti che in questo modo, oltre a subire il maltrattamento, viene ingannata sul piano della realtà, iniziando a credere di essere lei pazza. Una sorta di femminicidio dolce, in cui non c'è la morte fisica della vittima, ma la distruzione della sua personalità.
Questo comportamento del padre sarebbe emerso chiaramente da un'istruttoria adeguata, con l'ascolto di testimoni e l'acquisizione di prove, ad esempio le registrazioni audio. Quando la giustizia, anziché ricercare fatti concreti e documentati, conferisce validità probatoria a perizie psichiatriche prive di riscontri oggettivi, è facile cadere in errore, e a pagarne le conseguenze sono i bambini.