Il lutto è pazzia? L’erronea tendenza a classificare il dolore come un disturbo mentale

Manuali psichiatria

Il dolore è una malattia? Questa è una delle questioni cruciali che gli psicologi stanno vagliando nel momento in cui l’Associazione Psichiatrica Americana rivede il suo manuale diagnostico e statistico dei Disturbi mentali (DSM), usato da milioni di professionisti della salute mentale per diagnosticare i pazienti, la cui quinta edizione uscirà nel 2013.

Un gruppo di psichiatri sta guidando un movimento che include un dolore in corso - tipo un lutto - come un disturbo, classificandolo come "dolore complicato" o "prolungato." Altri hanno proposto, separatamente, che il lutto possa essere etichettato clinicamente depressione solo due settimane dopo la perdita di una persona cara. Il problema con entrambe queste potenziali modifiche è che il dolore della gente sarà diagnosticato come anormale o estremo, in una cultura che già porta coloro che soffrono di un lutto a considerare di aver solo bisogno di "passarci attraverso" e "guarire".

Nel mese di gennaio, più di 10.000 professionisti della salute mentale, preoccupati per la credibilità della scienza in seguito alle molte aggiunte proposte per il manuale, inclusa la potenziale aggiunta del dolore complicato, hanno firmato una petizione per una "verifica indipendente" del DSM-5. Le loro preoccupazioni sono degne di essere prese sul serio. Il dolore, nonostante l’apparentemente varietà estrema che il DSM possa includere, è una normale e universale reazione umana alla perdita di una persona cara, è una condizione che noi tutti sperimentiamo. Non è una malattia. La decisione di includere il dolore nel DSM rischia di fare più male che bene, rendendo più facile che mai etichettare come anormali coloro che stanno semplicemente vivendo un doloroso rito di passaggio.

Anche i sostenitori dell'inclusione del dolore complicato nel DSM riconoscono che c'è poca differenza qualitativa tra dolore normale e patologico...

Se i sintomi del dolore complicato non sono diversi da quelli di dolore normale, come possiamo distinguere tra i due? I sostenitori dell’ inclusione sostengono che la principale differenza clinica tra i due ha a che fare con la durata di questi sintomi. A loro parere, il dolore complicato può essere identificato dal perdurare oltre i sei mesi dopo la perdita. Ma la ricerca indica che per quel tempo molte persone soffrono ancora del loro dolore: in uno studio sul soggetto, un quarto dei partecipanti ha detto che sono tornati a sentirsi normalmente solo dopo "da uno a due anni" la perdita. Solo il 30 % degli intervistati ha riferito di sentirsi nuovamente "normale" o senza sintomi entro sei mesi dopo una perdita importante. Un altro grande studio condotto presso la Columbia University ha trovato che molte persone in lutto hanno impiegato dai 6 ai 18 mesi a riprendersi.

Quindi quali sono gli aspetti negativi nel trattare il dolore come una malattia? Per prima cosa, alla gente saranno prescritti antidepressivi che possono avere forti effetti collaterali fisici e psicologici, tra cui l'aumento del rischio di suicidio e di dipendenza e problemi d’astinenza. (Fino ad oggi, la ricerca ha sempre mostrato che farmaci e assistenza al dolore non alleviano il dolore). Significa anche che sempre più persone sentiranno la vergogna e imbarazzo perché non stanno rispondendo "correttamente" al lutto o non si stanno riprendendo abbastanza velocemente dalla loro perdita. E l’uso di termini quali "sintomi" e "durata" sembra solo sminuire ulteriormente il vero evento significativo che ha causato questi sentimenti in primo luogo: la morte di una persona cara che non può essere sostituita.

In realtà il dolore richiede tempo . Ci sono persone e tradizioni che usano portare vestiti a lutto per un anno o più, e molte culture hanno rituali per il lutto che prevedono di ritrovarsi per il primo anniversario della morte. Ma nel XX secolo, gli americani iniziarono a vedere l'esperienza principalmente come un fattore privato e psicologico piuttosto che una comunitaria

La verità è che il dolore è un profondo processo emotivo con sintomi biologici estremamente reali che possono durare mesi. Per molte persone in lutto, il dolore porta con sé sentimenti di isolamento, dovuto al fatto che una persona che ha occupato un ruolo cruciale nella nostra vita se n’è andata. È’ facile vedere come trasformando il dolore in malattia ci farebbe sentire ulteriormente fuori passo con chi ci circonda — un sentimento che ossessiona già molte persone in lutto.

Sarebbe un peccato se ciò avvenisse. Il dolore è parte dell’essere umani e in modo molto significativo. La maggior parte delle persone in lutto non hanno bisogno di cure mediche. Hanno bisogno di amore, compassione, pazienza e un po' di comprensione dai loro amici, famiglie e colleghi. La verità sul dolore è che fa male. E può far male per lungo tempo — anche per anni.

Ecco perché il dolore è intrinsecamente legato all’amore. Come Thomas Lynch elegantemente esprime, "il dolore è il prezzo che paghiamo per essere vicino a un altro. Se vogliamo evitare il nostro dolore dobbiamo semplicemente evitarci l’un l’altro."

Slate Magazine – 12 marzo 2012
Di Leeat Granek e Meghan O'Rourke
Fonte articolo in lingua originale: http://www.slate.com/articles/life/grieving/2012/03/complicated_grief_and_the_dsm_the_wrongheaded_movement_to_list_mourning_as_a_mental_disorder_.html

Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani raccomanda di informarsi attentamente, di non accettare facili diagnosi psichiatriche sia per se stessi che per i propri figli, ma richiedere accurate analisi mediche. Ha realizzato un documentario di denuncia per stroncare sul nascere la nuova temibile arma che la psichiatria si è data per rendere mentalmente malata l'intera popolazione. Un estratto del video è visibile al seguente link: http://www.ccdu.it/videos/diagnostic-statistical-manual.html

Condividi con