Con una perizia di 45 minuti mi hanno strappato mio figlio
La denuncia: molti degli abusi in campo minorile hanno origine da perizie psichiatriche soggettive.
Trento. Oggi, tramite il suo legale, la mamma di un bambino trentino ha presentato una denuncia all’ordine dei medici su uno psichiatra trentino per segnalare l’assurda e superficiale perizia che ha fatto sì che il figlio di quattro anni venisse strappato al nucleo famigliare in cui viveva con lei e altri tre fratelli per essere assegnato al padre.
Dopo che in primo grado il bambino era stato assegnato alla madre, che vive in un’altra regione, la corte d’appello ha ribaltato la decisione sulla base di una perizia psichiatrica dove in un’intervista di soli 45 minuti le è stata diagnosticata una malattia psichiatrica.
Non vogliamo entrare nel merito della correttezza del provvedimento del tribunale, ma contestiamo l’eccessivo valore delle perizie psichiatriche soggettive. Come più volte denunciato dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, un genitore di fronte a psicologi e psichiatri può ritrovarsi accusato di colpe mai commesse, sulla base di opinioni soggettive proclamate o come parere “medico” o “scientifico”. Tramite valutazioni soggettive e opinabili, psicologi e psichiatri possono indurre il Tribunale dei minori a prendere provvedimenti drastici e drammatici. Nella maggioranza dei casi si è totalmente impotenti di fronte a questo sistema, soprattutto se non si hanno dei mezzi economici.
Quanto sopra è stato espresso esemplarmente dal dottor Giuseppe Raspadori in una sua relazione:
“...quando ci addentriamo nel campo indefinito della psicologia, al di fuori cioè di fattispecie certe di reato, quando noi decidiamo di valutare modi, comportamenti, sentimenti, espressioni, collegate al carattere, a tratti di personalità, a stati d’animo, a tutto quell’insieme, cioè, spesso contraddittorio di ansie, paure, sicurezze, aspettative, gelosie, dipendenze, orgogli, che compongono la psiche umana, noi entriamo inevitabilmente nel campo della discrezionalità.
La discrezionalità dei nostri valori, sentimenti, vissuti, visioni della vita, e molto più semplicemente del nostro modo di amare e di crescere i figli.
E quando la discrezionalità delle valutazioni psicologiche si accompagna al potere di irrorare il massimo della pena, la perdita di tuo figlio e la negazione di te stessa, il rischio di passare dalla discrezionalità all’arbitrio è enorme, e foriero di danni e drammi di molto maggiori di quelli che astrattamente si dichiara di volere evitare.
Dichiarare un genitore, ed in particolare una madre, ‘incapace’ e sottrargli i figli, ed oggi, assai frequentemente, l’unico figlio, è lacerante ben più della galera, molto più vicino ad una pena di morte...”.
Ecco che cosa ci ha raccontato la mamma che per tutelare i figli non ha voluto rivelare pubblicamente la sua identità:
“Sono una mamma di quattro figli. Il più grande è un adolescente, il secondo frequenta le elementari, il terzo ha 4 anni e l’ultimo figlio ha meno di un anno.
Alcuni anni fa ho lasciato il mio ex marito e in seguito ho iniziato una relazione con il mio attuale compagno da cui ho avuto l’ultimo figlio. Non sono una mamma perfetta ma come tutte le mamme i miei figli vengono prima di tutto.
Non ho mai negato al padre la possibilità di vedere suo figlio, aveva ampie possibilità di visita e poteva vederlo quando voleva, ma purtroppo lui ha deciso di chiedere che il bambino vivesse con lui. In primo grado il tribunale ha ritenuto che il terzo figlio dovesse restare con la sua famiglia ma in appello il giudice ha chiesto una perizia psichiatrica.
E qui è iniziato il mio incubo. Gli psichiatri, uno nominato dal tribunale e uno pagato dal mio ex marito, mi hanno visitato assieme. Nel corso della visita, che è durata soltanto 45 minuti, avevo addirittura in braccio mio figlio appena nato.
Come possono due persone emettere una sentenza talmente negativa in così poco tempo e in presenza di tante fonti di distrazione?
Per fortuna, nonostante la mia presunta malattia mentale (non ho mai visto uno psichiatra in tutta la mia vita e sto crescendo amorevolmente altri 3 figli), il giudice mi permette di vedere mio figlio nei fine settimana, e con la morte nel cuore cercherò di accompagnarlo in questo cambiamento per fare in modo che sia comunque felice e cresca bene.
Ho deciso di presentare questa denuncia spinta da un senso di giustizia, per evitare che altre mamme e papà possano subire quello che è successo a me. Mi auguro che l’ordine possa accogliere questa mia denuncia per garantire che i loro membri siano professionali e coscienziosi, soprattutto quando devono decidere il futuro di un bambino.”
Questa non è l’unica segnalazione ricevuta dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani. Un papà ci ha persino riferito di essere stato visitato da uno psichiatra trentino che in qualità di CTU (centro tecnico d'ufficio) si è presentato in pantaloncini corti e ciabatte. Anche questo papà ha avuto il coraggio di denunciarlo.
Al giorno d’oggi un genitore rischia di perdere un figlio per uno schiaffo, perché ha dato un pugno sul tavolo, perché non riesce a essere emotivamente vicino al figlio, perché è troppo accuditivo e protettivo, perché un’amica della figlia ha fatto un disegno osceno, ecc. Sono tutti esempi realmente accaduti.
Abbiamo assegnato un potere troppo grande a questi “esperti" della vita che dall’alto del loro scanno possono decidere della nostra vita, in base alle loro opinioni personali e soggettive senza un briciolo di scientificità e di umiltà.
È giunta l’ora di cambiare, di uscire dalla discrezionalità delle perizie psichiatriche e psicologiche e di tornare alle prove oggettive. Le perizie psichiatriche non dovrebbero più essere ammesse in tribunale se non come mera opinione, e nessuna sentenza dovrebbe essere basata su queste valutazioni.