Corte d’Appello: NO alle "adozioni mascherate"
Chi soffre di disabilità psichiche non è un cittadino di serie B e ha diritto agli affetti famigliari
Trento. Sta per finire l’incubo di due genitori che non vedono la loro figlia da quasi due anni a seguito dell’allontanamento avvenuto alcuni anni fa per motivazioni riconducibili quasi esclusivamente alle loro difficoltà di natura psicologica.
Infatti il giudice ha invitato i Servizi Sociali a:
Porre la massima attenzione affinché l’affidamento familiare non sia trasformato in un’adozione di fatto.
Il Vicepresidente del CCDU ha dichiarato:
Siamo molto soddisfatti di questa sentenza, perché mette in luce alcune criticità del sistema che noi denunciamo da anni, criticità evidenziate anche dalla Presidente della Commissione Infanzia e Adolescenza, che in una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati aveva criticato il sistema attuale che permette che i bambini tolti alle famiglie passino dalla condizione di allontanati a quella di abbandonati, e che aveva sollecitato l’istituzione di un osservatorio sul sistema delle case famiglia e della giustizia minorile. Inoltre, nella sentenza, il giudice ha ribadito il valore degli affetti famigliari e il diritto della bambina alla sua famiglia naturale che secondo il giudice è un diritto “per legge di natura ed anche per legge umana”. Importante inoltre, nel campo dei diritti civili e dei diritti umani, il riconoscimento del diritto alla genitorialità delle persone disabili, che non sono e non devono essere considerati cittadini di serie B.
Questa sentenza infatti, seppur nel solco della giurisdizione tradizionale, mette il dito nelle piaghe del sistema e smaschera le sue contraddizioni quando dice:
Giustamente il Tribunale per i minorenni ha riconosciuto che non vi era luogo a provvedere in ordine alla richiesta di adottabilità, ma poi, in concreto, mediante il ricorso all’affidamento eterofamiliare e alla sospensione della capacità genitoriale e delle visite tra la bimba ed i famigliari, si è finito per cristallizzare una situazione che di fatto coincide con una sorta di “adozione mascherata”.
Purtroppo anche su questa sentenza gravano le valutazioni soggettive e discrezionali della psichiatria. Infatti il giudice riconosce che la situazione è “paradossale” ma giustifica tale paradosso con la “patologia psichica della minore”. La fonte di tale valutazione dello stato di salute della minore è una neuropsichiatra infantile da noi già segnalata in altre sedi, e la sua decisione di non consentire le visite con i genitori sarebbe dovuta solo ad una presunta patologia della bambina, che tra il resto non ci risulta sia stata neppure definita. È possibile violare il diritto di una bambina agli affetti familiari in base a un’etichetta psichiatrica che per giunta non è neppure stata determinata?
Per il giudice certamente no! Infatti ha invitato i Servizi Sociali a:
Consentire, appena possibile, un percorso volto a favorire la ripresa dei rapporti familiari, come del resto auspicato dal primo giudice nel provvedimento reclamato.
Invitiamo pertanto questa professionista a fare il proprio dovere ed a garantire il diritto di questa bambina oppure, se non ritiene di poterlo fare, a farsi da parte ed a lasciare spazio a qualcuno che lo sappia fare.