Studio suggerisce che la terapia per depressione a base di TEC dovrebbe essere sospesa
La TEC (Terapia Elettroconvulsivante, precedentemente nota come elettroshock) consiste nel far passare una corrente elettrica attraverso il cervello del paziente per indurre convulsioni. Il Dott John Read, della Università di East London, dice che, a causa dei rischi di danno al cervello, nella medicina basata su evidenze “non c’è posto” per la TEC. Al contrario, la Società Reale di Psichiatria sostiene che la TEC offre “trattamenti salva-vita” e dovrebbe essere continuata in molti casi.
Nel Regno Unito e Irlanda, secondo gli psichiatri, almeno 1.600 persone sono state sottoposte a TEC nel 2017. L’istituto Nazionale per la Cura e l’Eccellenza (NICE) al momento raccomanda la TEC per alcuni casi di depressione moderata o grave, e per i casi di catatonia e mania.
Tuttavia, uno studio sottoposto a revisione paritaria (significa che prima di pubblicarlo è stato rivisto da un altro studioso dello stesso livello dell’autore dello studio) e pubblicato dalla rivista Ethical Human Psychology and Psychiatry (psicologia e psichiatria etica e umana) conclude: “a causa dell’alto rischio di perdita permanente della memoria, e del lieve rischio di mortalità, il suo uso dovrebbe essere sospeso”.
L’autore principale di questo studio, il dott. John Read, professore di psicologia clinica, descrive con queste parole le precedenti ricerche pro-TEC: “gli studi di peggior qualità che abbia mai visto durante la mia carriera di 40 anni”.
Gli autori evidenziano che “la gravità e le implicazioni dei danni cerebrali e perdita di memoria (causate dalla TEC) vengono raramente studiate” anche se, precisano, “non è difficile trovare centinaia di persone cui la TEC ha causato danni di entità debilitante. Nel 2018, in una corte federale statunitense, una class action (causa legale in cui un gruppo di molte persone querela un’entità chiedendo un risarcimento) è stata chiusa con un accordo tra le parti in seguito a una sentenza della corte federale secondo cui, se l’imputato aveva mancato di mettere in guardia i querelanti circa i possibili danni cerebrali, la giuria avrebbe potuto emettere una sentenza di colpevolezza. In seguito, la ditta Somatics, produttrice di un apparecchio per TEC, ha immediatamente aggiunto “danni cerebrali permanenti” all’elenco di rischi associati al trattamento.
Secondo l’autore, la qualità dei precedenti studi sulla TEC è talmente scarsa che “qualsiasi conclusione riguardo l’efficacia, sia durante il trattamento sia dopo, è sbagliata.” “Non esiste alcuna prova dell’efficacia sui pazienti per i quali è consigliata: donne anziane, persone gravemente depresse, suicidi, gente con cui altri trattamenti non hanno funzionato, pazienti involontari, bambini e adolescenti” prosegue lo studio, ipotizzando che l’effetto placebo (*) potrebbe spiegare il motivo per cui alcuni pazienti dicono di essere stati aiutati dalla TEC.
Secondo il co-autore dello studio, Prof. Irving Kirsh esperto di placebo alla Facoltà di Medicina dell’Università di Harvard “sono angosciato dalla mancanza di prove circa i benefici a lungo termine della TEC paragonata a gruppi cui sia stato somministrato il placebo. Sulla base dei dati pubblicati nei vari studi, la TEC non dovrebbe essere usata su pazienti depressi”.
In risposta allo studio, la Società Reale di Psichiatria dichiara che la TEC non dovrebbe essere sospesa per “alcune forme di grave malattia mentale” per le quali “la maggior parte dei pazienti trattati con TEC riferisce un miglioramento.” “per molta gente è un trattamento salva-vita ma, come per tutte le cure di malattie gravi – dal cancro alle cardiopatie – esistono effetti collaterali di varia entità, incluso la perdita di memoria.
(*) Si dice “effetto placebo” il miglioramento dello stato di salute di alcuni pazienti solo in base alla fiducia da essi riposta nella terapia. Gli studi medici per la validazione di una terapia dovrebbero sempre includere uno studio “doppio cieco”: metà dei pazienti riceve la cura e l’altra metà riceve il ‘placebo’ (una simulazione della cura – la cosiddetta pillola di zucchero). Lo studio si dice doppio cieco perché né il dottore né i pazienti sanno chi riceve la cura e chi il placebo. Perché una cura sia dichiarata efficace, si deve riscontrare una differenza significativa tra le guarigioni indotte dalla cura e quelle avvenute per effetto placebo.
Articolo originale: https://www.bbc.com/news/uk-52900074
BBC News – 3 giugno 2020 – di Mark Easton