No alle intimidazioni dei Servizi Sociali sulle famiglie
Dopo la manifestazione del 17 gennaio contro le discriminazioni sessuali e i TSO occulti sui minori, il Tribunale ha ascoltato il bambino ma continua l'accanimento dei Servizi su posizioni coercitive e intimidatorie.
Padova. I Servizi Sociali di Piazzola sul Brenta avrebbero chiesto al Tribunale dei Minori di Venezia di procedere penalmente nei confronti della mamma del ragazzo “effeminato” per l’esposizione mediatica della sua vicenda. Le esternazioni della mamma sui mass media “comprometterebbero il rapporto tra il ragazzo e l’equipe che lo sta seguendo”.
Secondo il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, un’associazione di tutela e denuncia contro gli abusi nel settore della salute mentale, questo intervento intimidatorio di un’agenzia statale nei confronti di un cittadino reo di “lesa maestà” dovrebbe essere sanzionato.
La richiesta dei servizi sociali ricorda l’atteggiamento tipico dei regimi dittatoriali, nei quali la protesta contro gli errori del potere - veri o presunti - viene scoraggiata con minacce nemmeno tanto velate. Una volta una mamma che aveva vissuto sotto il regime dittatoriale argentino ci ha confessato:
“Quando mi reco presso i servizi psichiatrici di ... [una città del Veneto, ndr], rivivo le sensazioni della dittatura Argentina.”
I Servizi Sociali di Piazzola sul Brenta, erano già stati criticati sui media in seguito alla decisione di togliere un bambino alla mamma in base alle valutazioni di una psicologa, secondo cui il bambino soffriva di un presunto disagio psichico e di effeminatezza.
La famiglia sarebbe stata minacciata di un trattamento sanitario obbligatorio sul bambino (e avrebbero chiamato un’ambulanza per farlo) se la mamma avesse disobbedito all’ordine di portare il bimbo in comunità. In seguito alla reazione della mamma, arriva il fulmine dei Servizi Sociali: chi critica il loro operato va denunciato, con buona pace della Costituzione.
Il Comitato riceve centinaia di segnalazioni ogni anno di pazienti psichiatrici e minori sottratti alle loro famiglie, obbligati ad accettare cure indesiderate sotto la minaccia di trattamento sanitario obbligatorio.
Il vicepresidente del comitato Silvio De Fanti è molto esplicito in proposito:
“Le diagnosi e perizie psichiatriche, a differenza di quelle mediche, non sono basate su alcun test oggettivo, e sono dunque per loro stessa natura soggettive e opinabili - caratterizzate da un elevato margine di errore.
Non dovrebbero duque essere usate per giustificare la rimozione di un minore dai suoi affetti.
Tali misure estreme dovrebbero essere riservate a casi in cui vi sia un vero abuso nei confronti del minore - abuso che dovrebbe essere documentato in maniera probante per mezzo di accurate indagini - non desunto da una cosiddetta perizia psichiatrica.”
Come comitato ci rivolgeremo a tutte le autorità competenti, non solo per tutelare questa famiglia e questo bambino, ma anche perché vengano intraprese le misure necessarie ad assicurarsi che casi come questo non abbiano a ripetersi.
Chi si occupa di minori dovrebbe ispirarsi a criteri di buon senso e umanità e non, come ebbe a dire Dario Fo commentando il caso di un minore gestito dai servizi sociali di una cittadina nel milanese, ”trattare i minori come fascicoli”.