Fuggito dalla comunità: resterà a casa
Esito positivo nella vicenda del ragazzo della provincia di Mantova. CCDU: l’approccio psichiatrico coercitivo con l’addebito di tutte le colpe a famiglia e minori va superato. Miraglia: l’assistente sociale attuale va rimossa dal caso
Mantova. Il Tribunale per i Minorenni di Brescia ha emesso oggi un decreto in cui revoca il collocamento del ragazzo in comunità: potrà restare in famiglia con i suoi genitori. La vicenda era stata riportata dalla stampa agli inizi di ottobre quando era scappato dalla comunità viaggiando da solo per circa 100 Km e rifiutandosi di lasciare i suoi cari. Da allora è rimasto a casa sotto la spada di Damocle di un possibile ricollocamento fuori famiglia. Oggi la buona notizia.
“Siamo soddisfatti della decisione del Tribunale che ha compreso le ragioni del ragazzo e affermato il principio che ogni minore ha il diritto di essere aiutato nella sua famiglia.”
Commenta il legale della famiglia Francesco Miraglia.
“In considerazione del fatto che l’attuale assistente sociale non ha ancora risposto alla mia lettera in cui chiedevo spiegazioni per quanto successo agli inizi di ottobre, NON credo sia opportuno affidare il progetto alternativo a tutela del minore alla stessa assistente sociale che si è occupata finora della famiglia. Chiederemo al Sindaco o all’Assessore l’assegnazione di un altro professionista. In mancanza di una risposta soddisfacente ci riserviamo anche il diritto di segnalare i fatti all’Ordine Professionale competente e all’Autorità Giudiziaria.”
Come denunciato dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus e riportato dalla stampa, l’allontanamento di questo ragazzo NON era stato determinato da maltrattamenti in famiglia, ma dalle sue difficoltà scolastiche e comportamentali. Dopo la relazione dei Servizi Sociali che “tutti gli interventi attuati sinora a sua tutela non sono stati sufficienti a garantirgli un percorso di maturazione”, il Tribunale aveva deciso per l’allontanamento. Oggi, dopo la fuga, il Tribunale ha, di fatto, riconosciuto la necessità di garantire gli affetti familiari incaricando i Servizi Sociali a “predisporre un progetto alternativo a tutela del minore”.
Secondo Paolo Roat, Responsabile Nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus:
«Siamo lieti di constatare che nel suo Decreto il Tribunale ha recepito le Convenzioni Internazionali sulla tutela degli affetti familiari. Ma dobbiamo constatare come la “cultura psichiatrica coercitiva” avveleni ancora il clima della giustizia minorile.
Nel Decreto il Tribunale interpreta il desiderio innato e naturale di un ragazzo ai propri affetti familiari e al collocamento in famiglia come un “senso di onnipotenza” dovuto (secondo il Tribunale) al “carente supporto educativo e contenitivo dei genitori”.
Noi riteniamo invece che il Tribunale dovrebbe anche volgere lo sguardo, non necessariamente dal punto di vista penale ma anche solo formativo, ai professionisti che hanno proposto e consentito che un ragazzo venisse collocato a più di 100 chilometri di distanza per delle difficoltà scolastiche e comportamentali in assenza di maltrattamenti.
Chiediamo inoltre alla politica, anche in considerazione dei costi di questi interventi invasivi, di avviare un’attività di formazione che sradichi la “cultura psichiatrica coercitiva” e i suoi fautori presenti nella giustizia minorile.»