Corte di Appello: La piccola Angela deve rimanere con la sua mamma

immagine dal gruppo Salviamo la piccola Angela

Nessuna Sindrome da Alienazione Genitoriale per la piccola Angela. Sentenza di primo grado ribaltata in Corte d’appello. CCDU: Basta con l’utilizzo pareri psichiatrici sindromi senza nessuna validità scientifica, nessun riscontro e basate solo su opinioni.

Brescia. Oggi la Corte di Appello di Brescia si è espressa sul caso della piccola Angela (nome di fantasia), una bambina che ha sempre vissuto serenamente con la mamma e che incontrava il padre all'interno di un percorso seguito dai servizi sociali. 

L’allontanamento della bambina dalla madre, disposto in primo grado, sarebbe stata una grave violazione dei suoi diritti e avrebbe potuto causarle un pesante trauma. 
La bambina avrebbe dovuto essere aiutata a superare l’avversità verso il papà con l’aiuto di educatori seguiti dai servizi sociali e nulla avrebbe potuto giustificare un intervento così grave nella vita di una bimba. La piccola Angela rischiava di approcciare l’adolescenza con un distacco di estrema sofferenza ed in totale disaccordo con le sue preferenze.

Senza entrare nel merito della vicenda, riteniamo che si sarebbe configurato come una sorta di trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di una bambina, basato solo su OPINIONI psichiatriche in assenza di qualsiasi maltrattamento.

Ricordiamo che il Comitato per i Diritti del Fanciullo (CRC) delle Nazioni Unite, il 7 febbraio 2019 ha raccomandato all’Italia di garantire il DIRITTO DEL BAMBINO DI ESSERE ASCOLTATO e che le decisioni sulla vita dei bambini siano consentite solo dopo UN'ATTENTA VALUTAZIONE DEL MIGLIORE INTERESSE DEL BAMBINO. 

Ora siamo felici di salutare una sentenza che riporta il fanciullo e i suoi diritti al centro della questione e speriamo che questo contribuisca a mettere da parte l’uso di perizie basate sulle opinioni psichiatriche che, a differenza di altre branche della medicina, sono prive di riscontri oggettivi e non dovrebbero avere valore probante. La vita delle persone non può essere vista come un mero meccanismo di cui la psichiatria presume di conoscerne i funzionamenti. E’ inconcepibile la pretesa di intervenire con valutazione “ex cathedra” nella vita delle famiglie.

Ci auguriamo che questa sentenza possa costituire un orientamento anche per futuri procedimenti sul tema.
 

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