Contenzione e TSO

TSO

Contenzione e TSO. Due aspetti della salute mentale di cui non si parla, si scrive poco ma si abusa molto.

Anche nel bel paese la contenzione sia meccanica che farmacologia è molto praticata e diffusa nei centri di diagnosi e cura, sia pubblici che privati.

Molti pazienti riportano che nei centri di salute mentale, il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) è la minaccia che viene loro fatta come ricatto se rifiutano la terapia psicofarmacologica, per obbligarli a presentarsi al controllo o per prendere la terapia se essi non concordano con essa.

Una persona che viene presa con la forza, facendo intervenire le forze dell'ordine, e portata in una clinica o in un ospedale pubblico, naturalmente non vuole stare e se ne vuole andare, allora chiudono la porta, la persona si ribella e le fanno la puntura per sedarla, la persona continua a ribellarsi e la legano al letto e così via… Se si parte dal principio di poter prendere una persona contro la sua volontà tutte le conseguenze sono quelle violenze che sono state descritte attraverso gli anni e che sono presenti in tutto il mondo nei manicomi. Che poi si chiamino in un modo diverso da manicomio poco importa.

Legate ai letti e sedate, a volte anche maltrattate, molte persone vivono momenti di terrore e angoscia sentendosi profondamente tradite per aver confidato in un aiuto che speravano di trovare. Al contrario trovano spesso un ambiente ostile, minacce, trattamenti che riducono la dignità, diritti basilari calpestati. Il tutto espresso in un contesto che la persona avrà difficoltà a “dimostrare”, anche perché considerata ”disturbata mentalmente”, quindi spesso ignorata nell'espressione delle sue rimostranze anche in sede di denuncia.

In tutti questi anni, si mantiene il concetto preventivo o terapeutico, questa è la grave denuncia nei confronti dei centri di diagnosi cura italiani: si continuano a legare a letto i pazienti, senza scrivere, nella maggior parte dei casi, sulla cartella clinica la durata e il motivo del ricorso alla contenzione.

La realtà in questi casi è addirittura drammatica, come descritta da chi la vive.

Come può una ragazza immaginare che, a causa di una semplice sofferenza emotiva, in pochi mesi si possa trovare a lottare per la propria libertà contro coloro che dovrebbero invece aiutarla. Come si può pensare che, in richiesta di aiuto, si possa ricevere un trattamento degno del più pericoloso dei serial killer. Eppure è ciò che è successo:

“Sono una ragazza di 33 anni ed abito in Versilia. Nell'ottobre 2005 ho subito un T.S.O.

Durante il T.S.O. vengo trattata con psicofarmaci, prevalentemente neurolettici, soprattutto il primo giorno: Largactil, Tavor, Valium, Risperdal, Stilnox.... Naturalmente nessuno si preoccupa di capire se la mia agitazione possa in realtà essere dovuta ai farmaci precedentemente assunti: le benzodiazepine (Lexotan, Valium, Tavor) possono provocare stati d'agitazione e i neurolettici (Largactil, Risperdal) possono anch'essi provocare forti stati di agitazione psicomotoria (acatisia) e addirittura portare a delirio e allucinazioni. Non mi hanno fatto esami del sangue volti a chiarire se la situazione potesse essere dovuta a reazioni paradosso agli psicofarmaci, ma hanno continuato a somministrarmene fino a stendermi. In reparto dormo costantemente e sbavo continuamente. Nei momenti in cui mi risveglio mi trovo tutti i capelli appiccicati al viso e al cuscino, tutti pieni di saliva. All'orario dei pasti non mi è permesso alzarmi dal letto per mangiare nella sala, come fanno tutte le altre degenti. Non posso uscire dalla stanza. Solo il quarto giorno, poco prima di essere dimessa, mi viene permesso di pranzare nella sala, così chiedo ad una ragazza come si trovi in quel reparto e lei mi risponde: "E' come un carcere". ”

(leggi tutta la storia)

«Università, politica e istituzioni dovrebbero darsi da fare per creare una cultura più umana nella cura delle malattie psichiche. Altro che elettroshock... ». G. Antonucci

Silvio De Fanti

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